Quale migliore occasione del Tour mondiale per il 25esimo anniversario del disco iconico della band francese per farne una recensione?

Non abbiamo dovuto rinfrescarci la memoria con Moon Safari perché capita spesso di far girare l’ormai consumato vinile sul nostro piatto e quando questo succede, ci si sorprende sempre di quanto, a distanza di 25 anni, non abbia perso smalto questo lavoro. Il disco usciva all’inizio del 1998 e incuriosiva fin dalla copertina: una grafica accattivante e la scritta “French Band”, una sorta di strizzatina d’occhio alla dirompente scena electro francese dell’epoca. Ma con la Femme d’Argent, apertura del disco, ci si rendeva subito conto di trovarsi in un terreno molto distante dalla cosiddetta French touch dominata dai Daft punk, Cassius, de Crécy, Stardust, Bob Sinclar e Modjo.

Moon Safari è il secondo lavoro del duo parigino Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel.
Caratterizzato da sonorità psichedeliche, con un’ossessione per il suono vintage perfetto e una cascata di Moog, Mellotron, Korg, chitarre, glockenspiel e vocoder, l’album esplora una elettronica d’antan e sonorità lounge, spingendosi anche nei territori dell’exotica e delle colonne sonore televisive degli anni 70, ma senza tralasciare il song writing con la voce rivelazione di Beth Hirsch, e diventerà nel giro di pochissimo tempo un successo mondiale. Oggi possiamo dire che è un vero classico dall’eleganza retrofuturista, un disco senza tempo. Quello che ad un primo ascolto potrebbe sembrare un semplice disco pop contiene un universo di riferimenti musicali. Vengono subito in mente i Pink Floyd, quelli meno mainstream, ma anche l’iconico cantautore Serge Gainsbourg, Morricone, Burt Bacharach, il tutto tenuto insieme con un’elettronica sì, ma a parte l’utilizzo di qualche drum machine, perlopiù suonata dal vivo.

Ovviamente non potevamo perderci una delle rare occasioni di vederli dal vivo in Italia e abbiamo scelto la tappa di Ferrara Vibes. Finalmente, l’attesa è finita, la piazza è gremita sotto un cielo di stelle di inizio estate, l’emozione è palpabile e il pubblico di afficionados (che abbraccia più generazioni) va in visibilio al primo accenno di note de “La Femme d’Argent”. La scenografia è molto originale: il parallelepipedo che li incornicia in una clip tridimensionale, cambiando atmosfera ad ogni brano, offre davvero momenti molto suggestivi. La scaletta riprende la narrazione del disco, concepito come un vero concept album, con i suoni perfetti ma con versioni dilatate e lo spessore ritmico di un grande batterista a coadiuvare il duo. Il concerto supera addirittura le aspettative perché gli Air non sono solamente un prodotto da studio ma anche dei musicisti di grande esperienza, polistrumentisti che reggono il palco per più di 2 ore offrendo uno show di altissimo livello. La speranza che oltre a Moon Safari, la band proseguirà con altri pezzi del loro repertorio prende forma con quel capolavoro di altri tempi che è “Radian” che emerge da un palco infuocato. Il concerto prosegue con tutti i grandi classici di 10 000 Hz Legend, Cherry Blossom Girl e qualche altra ballata di Talkie Walkie e addirittura un’inattesa “Playground Love” da The Virgin Suicide. Dopo un paio di bis a furor di popolo, il gran finale con il miracolo di “Electronic Performers”. Vorremmo non finisse mai, ma più di così non si poteva chiedere….